Shanghai,
Chen Dapeng continua a guardare con sconfinata ammirazione al tessile italiano per ricavarne insegnamenti utili in casa propria. Il presidente di China national Garment association (Cnga) l’ente che raggruppa i colossi dell’abbigliamento, dice al Sole 24 Ore che «i miei associati devono fare le cose per bene e proporle al giusto prezzo, utilizzare i prodotti italiani fatti ad arte e vendere il prodotto finito in modo tale da giustificare la differenza di prezzo legata alla qualità».
L’Italia, insomma, può aiutare la Cina a imboccare la tanto sospirata strada dell’innovazione. In Cina molte aziende lo stanno facendo, anche a scapito di perderci sul prezzo finale. È da nove edizioni che Milano Unica in Cina fa anche questo, nell’ambito di Intertextile, grazie al ministero dello Sviluppo Economico, all’Agenzia Ice, a Sistema Moda Italia (Smi): è diventata il ponte tra i due sistemi economici.
L’ultima edizione, lo scorso mese di ottobre, è stata il miglior risultato di sempre, però mercoledì scorso il presidente di Milano Unica Ercole Botto Poala ha assistito all’assalto dei buyer nel primo giorno agli stand delle 78 aziende presenti in rappresentanza del tessile italiano di alta gamma, oggi si chiude, con soddisfazione. «I cinesi non c’erano a Milano perché erano i giorni del loro Capodanno, ma l’edizione autunno-inverno aveva registrato un significativo incremento del 3% su marzo 2015, con oltre 4mila operatori selezionati arrivati su invito, affascinati dallo stile italiano».
Botto Poala guarda già oltre e in parte il suo ragionamento collima con quello di Dapeng: è convinto che bisogna insegnare ai cinesi a comprendere e raccontare i nostri prodotti, non solo a fare qualità, ma a spiegarne le ragioni più intime. «Non è possibile che nei negozi i commessi mostrino semplicemente uno smartphone con prezzi e foto» sottolinea.
«Certo bisognerà contribuire a far circolare la cultura del tessile italiano, in tutta la Cina, a partire da Pechino che in questo, sul fronte culturale, gioca un ruolo determinante – dice Amedeo Scarpa, direttore Ice Pechino e coordinatore degli Uffici Ice in Cina –. Questa del tessile di alta gamma non è solo una questione commerciale». Le potenzialità di sviluppo per l’Italia, comunque, ci sono. I dati pure: nel periodo gennaio-ottobre 2015, le statistiche hanno registrato un aumento dell’export da parte delle nostre imprese verso la Cina del 9%, per un valore di circa 800 milioni di euro.
«È in atto una profonda rivoluzione nel sistema di vendite – spiega Alessandro Barberis Canonico - tra rete dei negozi in affanno e online a rischio falsi. Questo è uno snodo importante per l’export italiano».
Silvio Albini ex presidente di MIlano Unica, considera ormai questa rassegna «uno dei gioielli dell’internazionalizzazione attuata in questi anni dalla nostra associazione assieme al ministero dello Sviluppo Economico e ad Agenzia Ice, il braccio operativo nel mondo». «Certo è una versione ridotta rispetto a Milano ma molto significativa per il cliente che potrà entrare nell’atmosfera tessile dell’edizione estiva acquisendo le informazioni più importanti per il lavoro con le aziende, percorrendo atmosfere suggestive e altamente informative», aggiunge il direttore generale Massimo Mosiello. Essere arrivati alla nona edizione è un risultato importante, anche per l’esempio che ne deriva per altre realtà, ad esempio La Moda italiana che si svolge in contemporanea a Chic, nella stessa struttura di Hongqiao. «L’iniziativa di Milano Unica rientra nel “piano moda” del ministero dello Sviluppo Economico per sostenere e promuovere le esportazioni in Cina del comparto moda» ricorda Claudio Pasqualucci, direttore dell’Ice di Shanghai.
E si capisce il perchè. La Cina è un mercato talmente ampio e in evoluzione, soprattutto per quanto riguarda la capacità di spesa delle classi più alte e le nuove disponibilità economiche della crescente classe media, che neanche la frenata in corso può bloccare sviluppo e modernizzazione.
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